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Il gatto nero di Corso Monforte

Il gatto nero di Corso Monforte

A sinistra della chiesa di San Babila parte Corso Monforte, una via rettilinea che si dirige verso est collegando le due circonvallazioni interne di Milano, che corrispondono ai tracciati delle due cerchie murarie di Milano, oggi entrambe scomparse: le mura medioevali e le mura spagnole.

Verso la fine della via, non lontano dall’odierna Piazza Tricolore, a pochi passi dal monumento dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi, si trova un edificio comunemente noto come Casa di Corso Monforte 43, una bella casa in stile Liberty progettata dall’architetto Zanoni nel 1889 che rispecchia lo stile architettonico in voga in quel periodo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. A metà fra tradizione e modernità, in bilico tra le antiche facciate di mattoni tipiche della Milano medioevale e rinascimentale e le ultime conquiste dell’architettura moderna dell’epoca, la casa presenta al secondo piano sei grandi figure femminili dipinte da Osvaldo Bignami attorno alle tre finestre sormontate da archi a strisce chiare e scure, un’altra eredità della Milano gotica spazzata via dalla Storia, ma mai dimenticata e recuperata dagli architetti “nostalgici” di fine Ottocento.

Siamo vicino al quartiere di Porta Venezia, uno dei centri nevralgici della nuova Milano sorta all’inizio del Novecento, una delle zone dove l’architettura Liberty si è espressa con maggiore vivacità. Il motivo per cui questa casa è particolarmente famosa, oltre alla sua indubbia bellezza, è un particolare curioso che si può osservare nei pressi del portone di ingresso: nella “bocca di lupo”, infatti, si può vedere un simpatico gatto nero in ferro battuto, con la coda attorcigliata attorno alla ringhiera, che osserva i passanti dal suo privilegiato punto di osservazione. I superstiziosi girano al largo, ma il gattone ispira più che altro una grande simpatia.

Il gatto metallico è opera di Alessandro Mazzucotelli, abilissimo artigiano, mago del ferro battuto che ha rivestito di rose, farfalle e girasoli le nuove case in stile floreale di Milano. Suoi sono anche i magnifici lampadari in ferro battuto che abbelliscono la sala centrale del famoso Camparino, il caffè affacciato sulla Galleria più famosa di Milano.

Sembra che oltre al gatto nell’ultima bocca di lupo del palazzo ci fosse anche un topolino, di cui ormai non resta che la cornice di ferro, vuota. È curioso che un palazzo tanto elegante fosse decorato con degli animali tutto sommato così comuni o “modesti”, ma se consideriamo la zona in cui siamo forse troveremo una risposta: all’epoca della costruzione del palazzo, dopo corso Monforte iniziavano gli orti di periferia, a ridosso delle antiche mura spagnole, e i gatti si aggiravano in zona dando la caccia ai topi per poi dileguarsi. Si dice che il topo sia stato rubato, o magari il gatto se l’è proprio mangiato.

Il gatto rimane lì, a ricordarci un pezzetto di storia cittadina e a salutare i passanti. Fermatevi a fargli una carezza, fateci due chiacchiere, probabilmente ha molto da raccontare…

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Laura Parmigiani Scritto da Laura Parmigiani

Il gatto nero di Corso Monforte